Il 55% dei lavoratori fruisce di welfare aziendale

(Fonte: Italia Oggi – AssiNews)

È quanto emerge dallo studio curato da Nomisma in collaborazione con Cgil sulla valutazione e l’utilizzo del welfare aziendale da parte dei lavoratori presentato ieri a Milano (16 gennaio 2020) durante il convegno «Il welfare aziendale visto dai lavoratori» presso la Fondazione Stelline.

Il 70% dei lavoratori valuta positivamente il welfare aziendale, ma solo il 55% ne fruisce.

Dalla ricerca, che ha coinvolto un panel di oltre 70 aziende e un campione di 1.822 lavoratori suddivisi in impiegati (49%), operai (45%) e quadri (6%), emerge come più di un terzo degli intervistati sia pienamente consapevole rispetto al tema del welfare aziendale. Il 45% dei lavoratori ha sottolineato di essere stato informato soltanto a grandi linee e solo il 9% per nulla rispetto alle iniziative definite negli accordi aziendali volte a incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia. Ad essere meno informati rispetto ai servizi offerti risultano essere gli operai. Il 28% di essi dichiara di conoscere poco o nulla riguardo al tema welfare aziendale, contro il 20% degli impiegati e l’8% dei quadri. 

 

Responsabilità di cura: il 35% degli italiani deve fare i conti con una situazione sempre più complessa

Sono le madri-lavoratrici, secondo Istat, ad essere penalizzate perchè spesso sono costrette a rinunciare parzialmente o totalmente al lavoro.

(Fonte: Primo Welfare Famiglia – V.Santoni)

Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica quasi 13 milioni di nostri connazionali tra i 18 e i 64 anni devono gestire responsabilità di cura verso propri familiari. Nello specifico, nel 2018 sono circa 2 milioni e 827mila gli italiani caregiver, cioè che si prendono cura di un parente affetto da malattie gravi e spesso non autosufficiente; sono invece 10 milioni e 564mila le persone con carichi legati alla dimensione della genitorialità.

In totale si parla di circa il 34,6% della popolazione. Tale percentuale non si discosta molto dalla media europea: nell’UE28 sarebbero infatti 106 milioni (34,4%) gli individui a dover affrontare quotidianamente responsabilità di cura. In particolare l’Irlanda è il Paese dove la quota di individui con responsabilità di cura è più alta (quasi il 45% della popolazione); le percentuali più basse (circa il 28%) si trovano invece in Germania e Bulgaria.

L’Istat evidenzia come tali condizioni influenzino in maniera particolare le dinamiche occupazionali. Il report afferma che “essere impegnati in un’attività lavorativa e allo stesso tempo doversi occupare di figli piccoli o parenti non autosufficienti comporta una modulazione dei tempi da dedicare al lavoro e alla famiglia che può riflettersi sulla partecipazione degli individui al mercato del lavoro, soprattutto delle donne, le quali hanno un maggiore carico di tali responsabilità“. 

In questo senso fa riflettere che oltre l’11% delle donne con almeno un figlio non abbia mai lavorato proprio per prendersi cura dei figli: un valore decisamente superiore alla media europea, pari al 3,7%. Nel Mezzogiorno, in particolare, una donna su cinque con almeno un figlio dichiara di non aver mai lavorato proprio a causa delle responsabilità di cura. In questa stessa area del Paese si registra anche la quota più alta di donne che dichiarano di non lavorare per motivi non legati alla cura dei figli (12,1% rispetto al 6,3% della media italiana e al 4,2% della media europea).
(Indagine ISTAT : “Conciliazione tra Lavoro e Famiglia“)

Le maggiori difficoltà riguarderebbero l’orario di lavoro troppo lungo, l’organizzazione di turni e il lavoro nel fine settimana, l’impegno e la fatica, i tempi legati agli spostamenti.

Come affrontare la situazione?

Alla luce di queste statistiche, sembra cruciale la realizzazione di azioni adeguate, anzitutto attraverso misure politiche strutturali che superino l’attuale sistema fondato sui bonus e che favoriscano una maggiore equità dei ruoli (ad esempio investendo sul congedo di paternità).

Un altro fronte su cui invece qualcosa sembra muoversi è quello del welfare aziendale – e nello specifico quelle azioni destinate alle spesa per il sostegno alla genitorialità e alla cura di familiari non autosufficienti – e delle azioni legate alla flessibilità organizzativa (smart working, flessibilità oraria in entrata e uscita, congedi parentali e familiari extra, disbrigo pratiche, ecc.) sembra possano essere cruciali per i lavoratori italiani che si trovano a dover gestire i citati oneri di cura.